Appunti: "società organica" e "società strumentalizzante". Del Prof. Giacinto Auriti.


Fonte: http://www.youtube.com/watch?v=mC2-KhQQJEM

Nel mio libro sulla “Teoria generale del diritto” noi abbiamo definito che cos’è la Massoneria. Perché qua dobbiamo chiarire il significato delle parole.
Noi abbiamo due concetti di società.

Abbiamo la “società organica” che è fatta di uomini vivi. Per cui dicevano i glossatori: "Societas sunt homines qui ibi sunt", "la società siamo noi". Nel diritto romano si dava contenuto umano al concetto di società. E allora la società era l’apologo di Menenio Agrippa: lo stomaco e le membra legate dal rapporto organico, l’organo serve la collettività delle membra, lo stomaco serve la collettività delle membra.
Quindi, qui, la società è l’insieme delle persone fisiche legate dal rapporto organico. L’interesse sociale coincide con quello dei soci. Perché la società è i soci, in questa definizione.
Invece con la “soggettività strumentale” – lo Stato Costituzionale, lo Stato socialista, la Società anonima, la Multinazionale, la Banca, sono tutti “fantasmi giuridici” – si parla di soggettività strumentale o persona giuridica – la soggettività strumentale presuppone chi la usa. Quindi lo strumento: io non posso dire che servo la penna, io della penna me ne servo.
Quando ho ridotto il concetto di società a strumento cambia l’etica. Perché al principio del servire proprio della società organica si è sostituito quello del servirsi proprio della soggettività giuridica.
E allora nasce la massoneria.

La massoneria è nata…si è affermata, storicamente, con lo Stato costituzionale perché è lo strumento che viene utilizzato dalla società strumentalizzante. Io non posso immaginare uno strumento senza chi lo adoperi, io non posso immaginare un’automobile senza un autista, cosi non posso immaginare una soggettività strumentale senza una società strumentalizzante.
E con la società strumentalizzante cambia l’etica. Cioè vale il principio del servirsi e non più quello del servire. Ecco perché i tempi di decadenza: “Tangentopoli” non è solo l’aumento statistico del numero dei delinquenti politici ma è un segno dei tempi. I tempi di decadenza che stiamo vivendo per le false culture che sono state programmate dalle grandi strategie di dominazione.

E, qui, noi abbiamo fatto all’università una ricerca, unica, particolare, in cui abbiamo messo in evidenza il nesso che c’è tra le premesse filosofiche e la teoria del valore. Precisiamo questo. Due parole anche se può sembrare, a prima vista, che è un appesantimento di erudizione ma voglio dire che lo strumento è valido quando io distinguo il momento strumentale da quello edonistico del godimento: la penna, momento della strumentalità attiene all’oggetto (la penna); scrivere con la penna, godere della penna, attiene al soggetto.
Quindi, questo significa che se io non distinguo l’oggetto dal soggetto, io non posso avere un giudizio di valore normale. Quando si confonde, invece, l’oggetto col soggetto noi abbiamo la personificazione dello strumento perché confondo il momento strumentale (la penna) col momento edonistico (scrivere con la penna): allora personifico lo strumento.
Ecco la grande deformazione culturale operata dalla filosofia di Hegel. E noi abbiamo criticato Hegel perché con il principio dell’immanenza si riduce la realtà all’idea della realtà, di qui la formula idealismo, cioè la realtà con l’io pensate, cioè l’oggetto col soggetto. E, quindi, si ha la personificazione dell’oggetto. Non a caso Heagel è stato un grosso operatore nel momento in cui si è avuta la “Rivoluzione francese”.

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La "questione meridionale": la questione dei poteri forti - (SECONDA PARTE)

Per capire cosa sia “La Santa” ho deciso di fare ricorso alle parole di quei personaggi che rappresentano oggi, più di molti altri, i veri baluardi della lotta contro il sistema mafioso che si è creato e stabilizzato nel nostro Paese.
Chiedo scusa in anticipo se l’esposizione delle dichiarazioni potrà sembrare, in certi punti, lievemente poco coordinata, ma ho preferito trascrivere integralmente proprio le dichiarazioni di questi personaggi che si sono resi disponibili a rilasciare le loro testimonianze rispondendo alle domande rivolte dai giornalisti che hanno realizzato il documentario “La Santa: viaggio della ‘ndrangheta sconosciuta”. Questi personaggi sono: Nicola Gratteri, Sostituto Procuratore Direzione Distrettuale antimafia a Reggio Calabria; Vincenzo Macrì, Sostituto Procuratore Direzione Nazionale Antimafia; Gian Maria Fara, Presidente Eurispes; Alberto Cisterna, Sostituto procuratore Direzione Nazionale antimafia; Roberto Galullo, Inviato “Il Sole 24 ore”; Gianni Speranza, Sindaco di Lamezia Terme; Enzo Cicone, Storico.

…La Santa” è stato lo spartiacque tra la vecchia e a la nuova ‘Ndrangheta. Perché “La Santa” consentiva due grandi novità: innanzitutto, ogni locale di ‘Ndrangheta poteva avere un “Santista”. Veniva riconosciuto con una croce di pochi millimetri fatta con una lama sulla spalla sinistra. Attraverso “La Santa” la mafia e la ‘Ndrangheta entra in rapporto con la “massoneria”, entra nelle logge, e quindi partecipa al potere. Questo serve per aggiustare i processi, per avere gli appalti, per avere rapporti politici di tipo alto, per entrare anche nelle amministrazioni comunali. L’appartenenza alla Santa consentiva per espressa previsione, diciamo, statutaria di entrare in contatto con il mondo esterno, quindi, con gli imprenditori, i politici, con i rappresentati delle istituzioni, ma soprattutto consentiva di entrare nelle logge massoniche. Se andiamo a vedere, infatti, le formule di giuramento nello statuto, diciamo, della Santa ci rendiamo conto che è molto simile a quello della “massoneria”. La ‘Ndrangheta ha avuto la possibilità, quindi, di entrare nei quadri della pubblica amministrazione. Di sedersi al tavolo del potere. Quindi non solo stare all’esterno e accontentarsi del nolo a freddo, accontentarsi dell’appalto, rimozioni di inerti, della ruspa ecc… Ma, si è seduta al tavolo decisionale, cioè discutere se l’opera doveva essere fatta o meno, chi doveva vincere l’appalto: entrare nella stanza dei bottoni…

La ‘Ndrangheta è un’organizzazione chiusa, è un’organizzazione ermetica. E’ difficile da scardinare perché non offre spiragli, non offre aperture all’esterno. Gli associati dell’organizzazione criminale sono prima di tutto parenti: sono padri, madri, figli, cugini, cognati, nipoti. Quindi è difficile dissociarsi da un’organizzazione costruita attorno al nucleo familiare anche perché, nel momento in cui ti dissoci, dovresti denunciare tuo fratello, tuo cognato, tuo cugino o tuo zio. E questa è la forza della ‘Ndrangheta…
…C’è quasi una sorta di pudore a nominare la ‘Ndrangheta forse perché non la sanno pronunciare, non sanno scrivere correttamente questo nome, forse perché sembra un termine dialettale, quindi sconveniente da introdurre in una legge, fatto sta che di ‘Ndrangheta ufficialmente non si parla, non è contenuta in nessun testo di legge. La ‘Ndrangheta, se ne parla poco e se ne discute poco per diverse ragioni. La prima perché, torno a dire, ha mantenuto un profilo basso ovunque. I giornali non scrivono di ‘Ndrangheta perché la ‘Ndrangheta è poco conosciuta. Scrivere di ‘Ndrangheta rispetto a scrivere di Cosa Nostra è meno pagante. Cioè il giornale scrive ciò che sa che può vendere

Quindi ci vuole un giornalismo d’inchiesta più duro, più violento. Perché il giornalismo italiano deve capire che ci troviamo di fronte non più a un’emergenza, era un’emergenza alcuni anni fa, oggi è l’ordinaria amministrazione in Calabria la ‘Ndrangheta. Cosi come lo è anche in alcune parti del Nord Italia...

…La ‘Ndrangheta è diventata un’organizzazione più potente per la struttura familistica che c’ha. Perché la cosca è di tipo familiare e quindi ci sono meno pentiti, qualche volta non ce ne stanno proprio pentiti. E anche perché in Calabria la politica, lo Stato, la magistratura sono stati nel complesso più deboli che in altre parti del mezzogiorno. I rapporti in Calabria sono avvelenati dentro le istituzioni, tra gli uomini delle istituzioni e tra istituzioni stesse, perché qui non c’è stata mai una linea di sangue che abbia diviso gli onesti dai disonesti. Perché qui il sangue versato degli onesti è stato poco…
…Un fenomeno criminale che è rimasto praticamente intatto attraverso 150 anni di storia e che oggi è arrivato, come dire, ai vertici della criminalità internazionale. E’ il primo fenomeno criminale italiano che veramente ha realizzato la globalizzazione, è presente in tutti e cinque i continenti, ha una potenza economica e militare che supera quella di ogni altra consorteria criminale
La ‘Ndrangheta, infatti, ha, da una parte una vocazione che io definirei mercantile, cioè quella di esercitare commerci a livello globale di tutte le merci il cui commercio è vietato: quindi armi, droga, rifiuti tossici, esseri umani e cosi via. Sono in grado di viaggiare, parlano più lingue, si muovono in Paesi interloquendo in inglese o in spagnolo, addirittura in fiammingo, se necessario. Vestono naturalmente alla moda, frequentano i locali giusti, fanno una vita agiata, soprattutto perché la fanno fuori dalla Calabria e fuori da un contesto in cui vengono osservati. E questo è sicuramente un vantaggio per l’organizzazione che si globalizza meglio. La ‘Ndrangheta è veramente oggi una potenza economica non solo nazionale ma internazionale in grado di diversificare i propri investimenti in giro per il mondo, di inquinare e di infettare pezzi interi dell’economia nazionale e dei mercati internazionali. C’è una ‘Ndrangheta che io, invece, definirei istituzionale, cioè quella che rimane sul territorio e controlla il territorio. E quando parlo di controllo del territorio mi riferisco non solo a un luogo geografico, ma al territorio amministrativo, istituzionale, imprenditoriale, politico. E’ quindi istituzione tra le istituzioni, l’istituzione che esprime, anche, il proprio personale politico. Ecco questa è la grande novità di questi ultimi anni…
…La ‘Ndrangheta ha scelto una politica criminale, dagli anni 60 in avanti, che ha portato pezzi di cosche della ‘Ndrangheta a collocarsi in tutte le regioni del Centro-Nord e nei Paesi esteri. In tutti i continenti, in tutti e cinque i continenti, la ‘Ndrangheta ha proprie filiali. Ripeto, non è una casualità, è una scelta. Al seguito dell’emigrazione italiana all’estero ci sono sempre stati gli ‘Ndranghetisti che coscientemente hanno piazzato loro uomini. Pensando che c’è un’organizzazione criminale che non rende conto a nessuno e che fattura il “3,5%” del Pil, stiamo parlando evidentemente di qualcosa in più di “50 Miliardi di euro”, quindi “centomila miliardi delle vecchie Lire”, questo è un dato che dovrebbe far tremare i polsi a chiunque. Come, guardi, immaginare che i tedeschi o gli olandesi siano preoccupati delle delinquenza rumena. “15 anni fa” eravamo i rumeni d’Olanda, eravamo i rumeni di Germania. Si, gente che delinque, pericolosa, ma, insomma, un fenomeno marginale. Poi oggi scopriamo che i servizi segreti tedeschi preparano un’informativa riservata nella quale parlano delle infiltrazioni della ‘Ndrangheta nell’economia tedesca e che aveva investito in “Gazprom” (monopolista del gas). Cioè, lo scoprono dopo…
Oggi, se vogliamo trovare i veri rappresentanti della ‘ndrangheta e delle altre organizzazioni criminali, dobbiamo più andare a cercare nelle borse o nelle grandi società finanziarie piuttosto che nelle contrade sperdute della Calabria…”

Credo che non si debba aggiungere altro, se non una piccola e amara conclusione fornitaci sempre dal grande Beppe Nicolai

“…L'idea, dunque, di uno sviluppo autonomo del Mezzogiorno non è pensabile, non è credibile nell'attuale contesto dello stato italiano, perché un Mezzogiorno autonomo contraddice la figura politica dello Stato-partito che fonda proprio la sua unità sulla mancanza di alternativa per il Mezzogiorno. (…) Il problema del Mezzogiorno è il problema dei rapporti dell'Italia con il mondo mediterraneo, di cui il Mezzogiorno è solo frontiera senza significato (…) La scelta è l'attuale «andazzo» (…) È la scelta colonizzatrice, il mio potere sul Mezzogiorno consente la riproduzione del partito-Stato. Una scelta è questa: restare in questa melma. A gestire le briciole del banchetto. O uscirne, contestando, dal Mezzogiorno, la legittimità di questo Stato. In termini di sovranità nazionale. Non ci può essere sovranità nazionale dove esistono due Italie, una delle quali colonizzata. Per una nuova Italia, Mezzogiorno protagonista…”
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Le due fonti dalle quali ho tratto le informazioni e i dati per la stesura dell'articolo sono:
1. Documentario "La Santa: viaggio nella 'ndrangheta sconosciuta"
2. Beppe Niccolai, La questione meridionale: http://www.beppeniccolai.org/Questione%20meridionale.htm
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La "questione meridionale": la questione dei poteri forti - (PRIMA PARTE)

Che tipo di rapporto c’è tra Sud e Nord Italia? Perché il Sud è da decenni in una situazione vergognosa? Come riesce il “potere” a mantenere questa situazione inqualificabile?
Mi pongo queste tre semplici e pericolose domande perché negli ultimi tempi mi sono interrogato spesso sul senso dell’unità italiana e sul significato e sulla portata del termine “nazione”. Mi sono chiesto se l’Italia potesse essere considerata una nazione nel vero e profondo senso del termine oppure no. La risposta che mi sono dato è no. E mi sono dato questa riposta proprio perché sono un nazionalista convinto. Ma proprio il fatto di essere una nazionalista convinto mi ha indotto a pormi delle domande. Prima fra tutte, il vero motivo per il quale ci sia un divario cosi ampio e sconvolgente tra Nord e Sud Italia.
Prima di addentrami nell’esposizione del tema o dei temi di questo articolo voglio chiarire subito che, secondo me, non può esistere una vera Nazione se un popolo, (il popolo !), non sia unito…non si senta una cosa sola. Ma, affinché ciò si possa verificare, occorre che ci sia non solo un’intima e profonda coesione d’intenti, ma anche e soprattutto la verità, la conoscenza della situazione reale dei fatti. E, purtroppo, parlando con molta gente, non solo sul web ma anche faccia a faccia, mi sono reso conto che questa conoscenza manca e che in alcuni casi manca totalmente.

Sono stanco di sentir dire, soprattutto ai leghisti – alcuni dei quali completamente ignoranti, altri intelligenti e acculturati ma, al contempo, “ben istruiti” – che i problemi italiani sono da attribuire all’inerzia, all’incapacità, all’arretratezza sociale e culturale, alla rozzezza e all’inferiorità del Sud e del suo popolo. Al riguardo, però, voglio trascurare la storia passata, soprattutto quella pre-fascista e in particolar modo quella relativa all’unità italiana sulla quale è meglio stendere un velo pietoso, quello che mi interessa è il presente. Un presente che va avanti, ormai, da tanti anni.
Per rispondere alle prime due domande posso far ricorso a un certo Beppe Niccolai, ex esponente del Movimento Sociale Italiano e uomo davvero eccezionale, perché sono convinto che riesca, con grande lucidità, ad esprimere, in maniera compiuta e inattaccabile, quale sia lo Status del mezzogiorno.
"...Il Mezzogiorno, secondo me, è legittimato a portare sul tavolo della questione meridionale il problema della legittimità della sovranità nazionale. Il Mezzogiorno: la sua funzione subalterna, il suo stato coloniale all'altra Italia, l'Italia «bene», pone il Mezzogiorno nella condizione di prospettare i suoi problemi in termini di sovranità nazionale, in mancanza della quale anche la democrazia come sovranità popolare si vanifica. (…) Il diverso status politico del Sud rispetto al Nord, il colonialismo interno, che è alla base dei rapporti tra le due parti d'Italia, fa sì che, in Italia, non si superi la figura dello Stato-partito. (…) Fateci caso: il Mezzogiorno ha sempre consentito il riprodursi del partito del potere centrale, appunto per il suo carattere subalterno e subordinato rispetto alla zona egemone del Paese. “Ti tengo sotto, in modo che tu sia costretto a bussare all'uscio del potente, alla porta del Palazzo. Io ti do l'elemosina, e tu mi dai la tua coscienza, il tuo consenso, il tuo voto... Questo: il patto. Consentendo il tuo sviluppo autonomo, ciò non sarebbe più possibile. Devi restare servo “. È il discorso, in termini brutali, che la zona egemone del Paese fa alla zona subalterna, colonizzata.(...) Ed è in quest'ottica che anche i fenomeni della mafia e della camorra debbono essere esaminati. Lasciarli nell'area esclusiva della criminalità, è un errore, prima che politico, culturale..."

Credo che le parole di Beppe Niccolai non abbiano bisogno di ulteriore spiegazione. Mi rendo, comunque, conto che le tematiche espresse sarebbero meritevoli di una trattazione molto più approfondita, ma questo altro non è che un semplice articolo che si pone solo ed esclusivamente lo scopo di esprimere alcuni concetti chiave, alcune idee-forza che, a loro volta, devono spingere verso un più ampio ed esteso dibattito. Ma, ripeto, questo è un articolo e non una relazione o un documentario.

Resta, infine, la terza domanda. Come riesce il “potere” a mantenere questa situazione inqualificabile?
La risposta è molto semplice: lo fa con strani ma efficaci ed efficienti metodi, strumenti, “ordini” ed organizzazioni di controllo e di dominio di massa. Di questi metodi, strumenti, ordini ed organizzazioni ce ne sono parecchi.
Ma, in questa trattazione, intendo soffermarmi su uno di essi in particolare. Quello che viene considerato, oggi come oggi, non solo in Italia ma forse nell’interna Europa, uno dei poteri oscuri più pericolosi e, senza dubbio, l’organizzazione criminale più radicata e sviluppata: la ‘ndrangheta. Si, perché la ‘ndrangheta è quello “strumento” che il potere usa da una parte per mantenere il Sud in questo stato di perenne e insuperabile subalternità, di colonia eterna, dall’altro perché possa esercitare il suo dominio assoluto. Perché la ‘ndrangheta tra le sue caratteristiche ne ha una in particolare: il controllo assoluto del territorio. E questa caratteristica si rivela fondamentale.
Ed è per questo motivo che durante il corso degli anni la ‘ndrangheta si è fortemente evoluta e da braccio armato del potere (oscuro), ovvero della massoneria, ne è diventata parte integrante, dando vita a quello che può essere definito lo stadio finale del processo di evoluzione del metodo più efficace di dominio di massa: ”La Santa”.
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Le due fonti dalle quali ho tratto le informazioni e i dati per la stesura dell'articolo sono:
1. Documentario "La Santa: viaggio nella 'ndrangheta sconosciuta"
2. Beppe Niccolai, La questione meridionale:
http://www.beppeniccolai.org/Questione%20meridionale.htm
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Essere cittadini - "La doppia cittadinanza" - (Seconda Parte) - Dott. Nicola Gratteri

"LA DOPPIA CITTADINANZA" - (PARTE SECONDA)
Un capo locale è presente in tutte le attività illecite e, dunque, non si allontana mai dal luogo in cui esercita il suo potere neppure durante l’arco della sua latitanza, se non temporaneamente (ad esempio: per farsi operare). Infatti è abbastanza noto che molte abitazioni frequentate dai Capi locale (ma non solo) siano munite di tunnel sotterranei o passaggi segreti che consentono la fuga se si è già latitanti o per prevenire eventuali arresti improvvisi. Addirittura, spesso, al di sotto della abitazioni dei Capi locale, sono costruite intere reti di tunnel e canali che consentono finanche la fuga dalla città.
I mafiosi chiedono la mazzetta o non pagano quando acquistano merce presso gli esercizi commerciali al fine di dimostrare il loro potere (o meglio per esternare il loro potere) e al fine di delimitare il proprio territorio.

In tale contesto diventa normale chiedersi il vero motivo per il quale la ‘ndrangheta fa usura. Prima questa azione era considerata disonorevole. Oggi invece la situazione è nettamente diversa e l’usura viene praticata perché rappresenta la forma più rozza di riciclaggio, divenendo di fatto la seconda attività più effettuata dalla criminalità organizzata.
Oggi l’uomo, molto spesso, spende più di quello che potrebbe e, di conseguenza, in parecchie situazioni è costretto a ricorre a prestiti. Occorre, altresì, considerare che al Sud il costo del denaro è il doppio, anche perché c’è un rischio più elevato e le banche ci speculano.
Un commerciante in difficoltà ha due strade: o fallisce o si rivolge all’usuraio. Molto spesso opta per la seconda strada e ,cosi facendo, entra in un “tunnel di droga” dal quale non riuscirà più a uscire. L’unico modo di uscire dall’usura consiste nell’incontro con una seria associazione antiracket capace di tutelare e garantire i singoli individui, etc…

La ‘ndrangheta fa usura per il riciclaggio. L’usuraio presta dei soldi al commerciante: se chiede 100 dà 70, in quanto i 30 fanno parte degli interessi che sono già di per se stessi molto elevati. Dopo un po’ di tempo il commerciante dovrà iniziare a pagare gli interessi, fino al momento in cui, a forza di pagare, si arriverà al “punto morto” in cui il commerciante non riuscirà più a pagare. Inizieranno, cosi, le minacce, i colpi di arma da fuoco al negozio o alla macchina o oltre forme di intimidazione dirette al povero commerciante. Ma il negozio non verrà toccato oltre il limite perché rappresenta sempre una garanzia. A questo punto il commerciante riceve una visita dal mafioso che gli esprime solidarietà. Non gli resteranno, cosi, che due strade. L’unica percorribile, arrivato a questo punto, è la vendita stessa del negozio. L’acquirente sarà il mafioso stesso che comprerà il negozio al prezzo del debito. Il commerciante, cosi, non vedrà più i soldi che serviranno a pagare i debiti. Questa è tutta una recita, una trappola.
Il commerciante può diventare “garzone di bottega”, mentre il negozio passa di mano in mano e diventa “luccicante”. Il negozio inizierà cosi a cambiare pelle, a trasformasi e il/la segretario/a inizierà a battere scontrini anche in assenza di vendite di prodotti. A questo ci si potrebbe chiedere il perché vengano battuti scontrini in questo modo. Perché cosi nascono le tasse e i negozi mafiosi si premuniranno di pagarle tutte diventando, tra le altre cose, i migliori pagatori di tasse a tutti gli effetti. In questo modo tutto il ciclo viene completato.

A questo punto si può immaginare cosa avvenga con i grandi supermercati. Si può immaginare, ad esempio, cosa avvenga con un supermercato della mafia che vende i prodotti a un prezzo inferiore perché non paga il pizzo, o con un supermercato che, oltre a quanto detto, è collocato in mezzo ad altri quattro che pagano il pizzo e che sono costretti a fissare prezzi più elevati: si falsa la concorrenza senza ricorrere a minacce e/o ritorsioni.
Nel campo degli appalti il discorso è altrettanto importante e complesso. Fino a vent’anni fa non c‘erano i computer, ragion per cui le gare venivano fatte con la media mediata e ricorrendo alla macchina da scrivere. Si potevano verificare cosi numerosi reati come la turbativa d’asta o la truffa. Oggi non è più cosi. Con la procedura attuale si potrebbe dire che dal punto di vista formale non si riscontrano problemi. Occorre capire dove sta il trucco. Il trucco sta nel fatto che si decide a monte chi deve vincere l’appalto in base al luogo o alla zona in cui verrà costruita l’opera e alla forza della ’ndrina del Capo locale. Se qualche impresa non prevista, proveniente magari da fuori, dovesse per errore vincere l’appalto, “per incanto” si ritira (o meglio, si accorge di aver sbagliato e si ritira).
Nel campo del narcotraffico internazionale, occorre precisare che, innanzitutto, qui si tratta di un fatto anche di carattere culturale. Dove finiscono i soldi del traffico di droga? Non certamente in Calabria.

In tutto questo contesto, già di per se delicato e molto complesso, l’importante, però, è capire che con questi soldi si compra tutto, anche l’informazione, giornali e televisioni. Questo rappresenta, senza dubbio, il punto più delicato: perché l'informazione viene falsata da giornalisti al soldo della criminalità che, conseguentemente, agiscono e scrivono per fare l’interesse dei mafiosi e di chi dal sistema mafioso-massonico trae i benifici econimici, sociali, politici e lavorativi "migliori" a danno del resto della collettività.
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Essere cittadini – “La doppia cittadinanza” – (Prima Parte) – Dott. Nicola Gratteri

Essere cittadini nel tempo e nello spazio in cui si vive è un obbligo. La presunzione di impotenza, secondo la quale non siamo in grado di opporci ai mali della società in cui viviamo - per la scarsezza di strumenti, per le difficoltà o per la pericolosità del nemico da abbattere - altro non è che una giustificazione che comporta il lasciarsi andare e una conseguente quanto discutibile autoassoluzione.
L’obbligo, invece, è quello di essere cittadini, di esercitare la cittadinanza secondo gli strumenti, i doveri , i diritti e i limiti previsti.
Questo è l’iniziale messaggio lanciato dai promotori del convegno “La città dell’uomo – valori da riscoprire, limiti da superare”, che si è svolto lo scorso Marzo presso Il Palazzo T. Campanella - sala Giuditta Levato a Reggio Calabria. Io ho preso parte solo al primo incontro, al quale hanno partecipato il Dott. Nicola Gratteri e il Prof. Antonino Perna.

Mi occuperò innanzitutto e specificatamente dell’intervento del Dott. Nicola Gratteri. Occorre, però, precisare che avevo già precedentemente trascritto e pubblicato la prima parte dell’intervento del Dottor Gratteri, ma avevo messo da parte il lavoro a causa di altri impegni che avevano occupato il mio tempo. Ho deciso, però, di riprendere da dove avevo interrotto, modificando leggermente la prima parte della trascrizione e, di conseguenza, pubblicando, in successione, anche la seconda.



"LA DOPPIA CITTADINANZA" - (PARTE PRIMA)


Secondo quanto detto dal Dott. Gratteri, oggi noi non siamo cittadini liberi e non possiamo, pertanto, esercitare liberamente la nostra cittadinanza. Ovviamente l’intervento del Dott. Gratteri ha avuto come oggetto gli ostacoli all’esercizio della cittadinanza in relazione all’esistenza del fenomeno mafioso, inteso come regime. Il punto centrale di questo ragionamento è capire le cause per cui ciò si verifica e quando questo sistema si è creato e stabilizzato in maniera compiuta, consolidato e rafforzato nel corso del tempo.

A meta degli anni 70, in Calabria, all’interno della ‘Ndrangheta si è verificata una vera e propria rivoluzione culturale. Ci fu un conflitto tra “vecchi” e “giovani” preceduto da varie riunioni tra ‘ndranghetisti, come quelle che si svolgevano presso il santuario di Polsi: le conseguenze di questo conflitto si vedono oggi in mondo palese non solo in Calabria ma in tutta Italia.
Alla nuova generazione stava stretto il modo di intendere la ‘Ndrangheta e i suoi limitati interessi. Volevano di più, più potere e più soldi, soprattutto quelli che arrivavano in Calabria per le grandi opere. Volevano, quindi, discutere, confrontarsi e accordarsi con l’amministrazione. E questo, pertanto, significava cambiare le regole all’interno della ‘Ndrangheta stessa, significava opporsi ai “vecchi padrini” che non avevano intenzione di modificare nulla.
Non è un discorso ideologico, ma di altra natura. La conseguenza fu che i vecchi furono uccisi come avvenne proprio per due dei Capi storici della ‘Ndrangheta calabrese, ovvero “’Ntoni Macrì” e “Mico Tripodo”, per il quale si dovette, addirittura, ricorrere a un accordo con la Camorra. E questo fu un evento importante perché la Camorra uccise Tripodo per la ‘Ndrangheta e la ‘Ndrangheta, per riconoscenza, diede alla camorra le proprie regole e consentì la nascita della “Nuova Camorra Organizzata”.

I giovani vinsero per creare la “Santa”, la quale rappresenta una rivoluzione per la criminalità organizzata. La Santa, difatti, consentì agli ‘ndranghetisti di entrare in contatto con la Massoneria e di ottenere la doppia cittadinanza: quella nella ‘Ndrangheta e quella nella Massoneria, appunto. L’obiettivo che si posero i mafiosi era quello di utilizzare la Santa e la massoneria per entrare in contatto con il resto della società civile e con i quadri della pubblica amministrazione al fine di prendere parte al tavolo decisionale e all’amministrazione stessa della cosa pubblica: costruzione di strade e opere varie, aggiudicazione di appalti, contatti con la magistratura e con la polizia giudiziaria, ecc…
Questo perché - faccio una breve specificazione personale, mA è bene ricordarlo - le logge della massoneria sono “entità sociali” composte da imprenditori, medici, avvocati, politici, magistrati, forze dell'ordine deviate che “si riuniscono, discutono e decidono”… per tutti e… su tutti…
Oggi il Santista può essere riconosciuto per la presenza di una piccola Croce poste dietro la schiena.
A tutto ciò occorre, altresì, aggiungere che la ‘Ndrangheta non aderì allo stragismo di Cosa Nostra, adottando invece la filosofia dell’accordo con gli uomini delle istituzioni. E anche questo fu un punto di svolta determinante.
Nella ‘Ndrangheta, dunque, ci fu una rivoluzione delle regole, come la possibilità di avere rapporti con il mondo della politica. La ‘Ndrangheta, cosi, finisce coll’entrare direttamente in politica e coll’inserirci i suoi uomini.
Ma gli anni ’70 sono fondamentali anche perché la ‘Ndrangheta inizia a scontrarsi con la borghesia ricca alla quale decise di rubare o “estorcere” il denaro necessario al fine di poter finanziare le proprie attività, e per farlo si decise di ricorre ai sequestri di persona.
I passi successivi allo scontro con la borghesia saranno inevitabilmente, in primo luogo, l’occupazione dell’amministrazione e, in secondo luogo, la legalità. Proprio cosi: la legalità. Oggi i figli dei mafiosi sono medici, avvocati, imprenditori e al contempo “capi locale”.

“Capo locale”. Questa è una parola importante
. Occorre quindi capire cosa significa seguendo sempre il discorso fatto dal Dott. Gratteri. Il Capo locale è come un ricco manager che ha tanti soldi da parte e che diversifica la sua azione in diversi ambiti per amplificare i suoi guadagni. In tale contesto il problema fondamentale sta nel fatto che la ‘Ndrangheta deve anche giustificare la ricchezza. A ciò si aggiunga che, immancabilmente, la stessa deve essere presente sul territorio al fine di garantire il controllo dello stesso.
Proprio in questo contesto è possibile valutare l’importanza delle elezioni amministrative, in special modo nel tempo presente. È facile intuire che, in occasione, per esempio, delle elezioni comunali sia nei piccoli che nei grandi comuni, anche se in questi ultimi soprattutto quando gli esiti sono incerti, basta spostare 2.000 voti a destra o a sinistra per determinare l’esito finale. Il ruolo svolto in questa circostanza dal capo locale è importantissimo, in quanto può influenzare o determinare lo spostamento dei voti al candidato o alla coalizione che più lo favorisce o si avvicina ai suoi interessi. Difatti è difficile dimostrare che i voti di uno o più candidati poi eletti, per esempio, vengano dalla mafia, cosi come è difficile che un politico rifiuti i voti mafiosi e l’appoggio che dalla mafia può arrivare.

FINE PRIMA PARTE...
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