La "questione meridionale": la questione dei poteri forti - (SECONDA PARTE)

Per capire cosa sia “La Santa” ho deciso di fare ricorso alle parole di quei personaggi che rappresentano oggi, più di molti altri, i veri baluardi della lotta contro il sistema mafioso che si è creato e stabilizzato nel nostro Paese.
Chiedo scusa in anticipo se l’esposizione delle dichiarazioni potrà sembrare, in certi punti, lievemente poco coordinata, ma ho preferito trascrivere integralmente proprio le dichiarazioni di questi personaggi che si sono resi disponibili a rilasciare le loro testimonianze rispondendo alle domande rivolte dai giornalisti che hanno realizzato il documentario “La Santa: viaggio della ‘ndrangheta sconosciuta”. Questi personaggi sono: Nicola Gratteri, Sostituto Procuratore Direzione Distrettuale antimafia a Reggio Calabria; Vincenzo Macrì, Sostituto Procuratore Direzione Nazionale Antimafia; Gian Maria Fara, Presidente Eurispes; Alberto Cisterna, Sostituto procuratore Direzione Nazionale antimafia; Roberto Galullo, Inviato “Il Sole 24 ore”; Gianni Speranza, Sindaco di Lamezia Terme; Enzo Cicone, Storico.

…La Santa” è stato lo spartiacque tra la vecchia e a la nuova ‘Ndrangheta. Perché “La Santa” consentiva due grandi novità: innanzitutto, ogni locale di ‘Ndrangheta poteva avere un “Santista”. Veniva riconosciuto con una croce di pochi millimetri fatta con una lama sulla spalla sinistra. Attraverso “La Santa” la mafia e la ‘Ndrangheta entra in rapporto con la “massoneria”, entra nelle logge, e quindi partecipa al potere. Questo serve per aggiustare i processi, per avere gli appalti, per avere rapporti politici di tipo alto, per entrare anche nelle amministrazioni comunali. L’appartenenza alla Santa consentiva per espressa previsione, diciamo, statutaria di entrare in contatto con il mondo esterno, quindi, con gli imprenditori, i politici, con i rappresentati delle istituzioni, ma soprattutto consentiva di entrare nelle logge massoniche. Se andiamo a vedere, infatti, le formule di giuramento nello statuto, diciamo, della Santa ci rendiamo conto che è molto simile a quello della “massoneria”. La ‘Ndrangheta ha avuto la possibilità, quindi, di entrare nei quadri della pubblica amministrazione. Di sedersi al tavolo del potere. Quindi non solo stare all’esterno e accontentarsi del nolo a freddo, accontentarsi dell’appalto, rimozioni di inerti, della ruspa ecc… Ma, si è seduta al tavolo decisionale, cioè discutere se l’opera doveva essere fatta o meno, chi doveva vincere l’appalto: entrare nella stanza dei bottoni…

La ‘Ndrangheta è un’organizzazione chiusa, è un’organizzazione ermetica. E’ difficile da scardinare perché non offre spiragli, non offre aperture all’esterno. Gli associati dell’organizzazione criminale sono prima di tutto parenti: sono padri, madri, figli, cugini, cognati, nipoti. Quindi è difficile dissociarsi da un’organizzazione costruita attorno al nucleo familiare anche perché, nel momento in cui ti dissoci, dovresti denunciare tuo fratello, tuo cognato, tuo cugino o tuo zio. E questa è la forza della ‘Ndrangheta…
…C’è quasi una sorta di pudore a nominare la ‘Ndrangheta forse perché non la sanno pronunciare, non sanno scrivere correttamente questo nome, forse perché sembra un termine dialettale, quindi sconveniente da introdurre in una legge, fatto sta che di ‘Ndrangheta ufficialmente non si parla, non è contenuta in nessun testo di legge. La ‘Ndrangheta, se ne parla poco e se ne discute poco per diverse ragioni. La prima perché, torno a dire, ha mantenuto un profilo basso ovunque. I giornali non scrivono di ‘Ndrangheta perché la ‘Ndrangheta è poco conosciuta. Scrivere di ‘Ndrangheta rispetto a scrivere di Cosa Nostra è meno pagante. Cioè il giornale scrive ciò che sa che può vendere

Quindi ci vuole un giornalismo d’inchiesta più duro, più violento. Perché il giornalismo italiano deve capire che ci troviamo di fronte non più a un’emergenza, era un’emergenza alcuni anni fa, oggi è l’ordinaria amministrazione in Calabria la ‘Ndrangheta. Cosi come lo è anche in alcune parti del Nord Italia...

…La ‘Ndrangheta è diventata un’organizzazione più potente per la struttura familistica che c’ha. Perché la cosca è di tipo familiare e quindi ci sono meno pentiti, qualche volta non ce ne stanno proprio pentiti. E anche perché in Calabria la politica, lo Stato, la magistratura sono stati nel complesso più deboli che in altre parti del mezzogiorno. I rapporti in Calabria sono avvelenati dentro le istituzioni, tra gli uomini delle istituzioni e tra istituzioni stesse, perché qui non c’è stata mai una linea di sangue che abbia diviso gli onesti dai disonesti. Perché qui il sangue versato degli onesti è stato poco…
…Un fenomeno criminale che è rimasto praticamente intatto attraverso 150 anni di storia e che oggi è arrivato, come dire, ai vertici della criminalità internazionale. E’ il primo fenomeno criminale italiano che veramente ha realizzato la globalizzazione, è presente in tutti e cinque i continenti, ha una potenza economica e militare che supera quella di ogni altra consorteria criminale
La ‘Ndrangheta, infatti, ha, da una parte una vocazione che io definirei mercantile, cioè quella di esercitare commerci a livello globale di tutte le merci il cui commercio è vietato: quindi armi, droga, rifiuti tossici, esseri umani e cosi via. Sono in grado di viaggiare, parlano più lingue, si muovono in Paesi interloquendo in inglese o in spagnolo, addirittura in fiammingo, se necessario. Vestono naturalmente alla moda, frequentano i locali giusti, fanno una vita agiata, soprattutto perché la fanno fuori dalla Calabria e fuori da un contesto in cui vengono osservati. E questo è sicuramente un vantaggio per l’organizzazione che si globalizza meglio. La ‘Ndrangheta è veramente oggi una potenza economica non solo nazionale ma internazionale in grado di diversificare i propri investimenti in giro per il mondo, di inquinare e di infettare pezzi interi dell’economia nazionale e dei mercati internazionali. C’è una ‘Ndrangheta che io, invece, definirei istituzionale, cioè quella che rimane sul territorio e controlla il territorio. E quando parlo di controllo del territorio mi riferisco non solo a un luogo geografico, ma al territorio amministrativo, istituzionale, imprenditoriale, politico. E’ quindi istituzione tra le istituzioni, l’istituzione che esprime, anche, il proprio personale politico. Ecco questa è la grande novità di questi ultimi anni…
…La ‘Ndrangheta ha scelto una politica criminale, dagli anni 60 in avanti, che ha portato pezzi di cosche della ‘Ndrangheta a collocarsi in tutte le regioni del Centro-Nord e nei Paesi esteri. In tutti i continenti, in tutti e cinque i continenti, la ‘Ndrangheta ha proprie filiali. Ripeto, non è una casualità, è una scelta. Al seguito dell’emigrazione italiana all’estero ci sono sempre stati gli ‘Ndranghetisti che coscientemente hanno piazzato loro uomini. Pensando che c’è un’organizzazione criminale che non rende conto a nessuno e che fattura il “3,5%” del Pil, stiamo parlando evidentemente di qualcosa in più di “50 Miliardi di euro”, quindi “centomila miliardi delle vecchie Lire”, questo è un dato che dovrebbe far tremare i polsi a chiunque. Come, guardi, immaginare che i tedeschi o gli olandesi siano preoccupati delle delinquenza rumena. “15 anni fa” eravamo i rumeni d’Olanda, eravamo i rumeni di Germania. Si, gente che delinque, pericolosa, ma, insomma, un fenomeno marginale. Poi oggi scopriamo che i servizi segreti tedeschi preparano un’informativa riservata nella quale parlano delle infiltrazioni della ‘Ndrangheta nell’economia tedesca e che aveva investito in “Gazprom” (monopolista del gas). Cioè, lo scoprono dopo…
Oggi, se vogliamo trovare i veri rappresentanti della ‘ndrangheta e delle altre organizzazioni criminali, dobbiamo più andare a cercare nelle borse o nelle grandi società finanziarie piuttosto che nelle contrade sperdute della Calabria…”

Credo che non si debba aggiungere altro, se non una piccola e amara conclusione fornitaci sempre dal grande Beppe Nicolai

“…L'idea, dunque, di uno sviluppo autonomo del Mezzogiorno non è pensabile, non è credibile nell'attuale contesto dello stato italiano, perché un Mezzogiorno autonomo contraddice la figura politica dello Stato-partito che fonda proprio la sua unità sulla mancanza di alternativa per il Mezzogiorno. (…) Il problema del Mezzogiorno è il problema dei rapporti dell'Italia con il mondo mediterraneo, di cui il Mezzogiorno è solo frontiera senza significato (…) La scelta è l'attuale «andazzo» (…) È la scelta colonizzatrice, il mio potere sul Mezzogiorno consente la riproduzione del partito-Stato. Una scelta è questa: restare in questa melma. A gestire le briciole del banchetto. O uscirne, contestando, dal Mezzogiorno, la legittimità di questo Stato. In termini di sovranità nazionale. Non ci può essere sovranità nazionale dove esistono due Italie, una delle quali colonizzata. Per una nuova Italia, Mezzogiorno protagonista…”
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Le due fonti dalle quali ho tratto le informazioni e i dati per la stesura dell'articolo sono:
1. Documentario "La Santa: viaggio nella 'ndrangheta sconosciuta"
2. Beppe Niccolai, La questione meridionale: http://www.beppeniccolai.org/Questione%20meridionale.htm
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