Essere cittadini – “La doppia cittadinanza” – (Prima Parte) – Dott. Nicola Gratteri

Essere cittadini nel tempo e nello spazio in cui si vive è un obbligo. La presunzione di impotenza, secondo la quale non siamo in grado di opporci ai mali della società in cui viviamo - per la scarsezza di strumenti, per le difficoltà o per la pericolosità del nemico da abbattere - altro non è che una giustificazione che comporta il lasciarsi andare e una conseguente quanto discutibile autoassoluzione.
L’obbligo, invece, è quello di essere cittadini, di esercitare la cittadinanza secondo gli strumenti, i doveri , i diritti e i limiti previsti.
Questo è l’iniziale messaggio lanciato dai promotori del convegno “La città dell’uomo – valori da riscoprire, limiti da superare”, che si è svolto lo scorso Marzo presso Il Palazzo T. Campanella - sala Giuditta Levato a Reggio Calabria. Io ho preso parte solo al primo incontro, al quale hanno partecipato il Dott. Nicola Gratteri e il Prof. Antonino Perna.

Mi occuperò innanzitutto e specificatamente dell’intervento del Dott. Nicola Gratteri. Occorre, però, precisare che avevo già precedentemente trascritto e pubblicato la prima parte dell’intervento del Dottor Gratteri, ma avevo messo da parte il lavoro a causa di altri impegni che avevano occupato il mio tempo. Ho deciso, però, di riprendere da dove avevo interrotto, modificando leggermente la prima parte della trascrizione e, di conseguenza, pubblicando, in successione, anche la seconda.



"LA DOPPIA CITTADINANZA" - (PARTE PRIMA)


Secondo quanto detto dal Dott. Gratteri, oggi noi non siamo cittadini liberi e non possiamo, pertanto, esercitare liberamente la nostra cittadinanza. Ovviamente l’intervento del Dott. Gratteri ha avuto come oggetto gli ostacoli all’esercizio della cittadinanza in relazione all’esistenza del fenomeno mafioso, inteso come regime. Il punto centrale di questo ragionamento è capire le cause per cui ciò si verifica e quando questo sistema si è creato e stabilizzato in maniera compiuta, consolidato e rafforzato nel corso del tempo.

A meta degli anni 70, in Calabria, all’interno della ‘Ndrangheta si è verificata una vera e propria rivoluzione culturale. Ci fu un conflitto tra “vecchi” e “giovani” preceduto da varie riunioni tra ‘ndranghetisti, come quelle che si svolgevano presso il santuario di Polsi: le conseguenze di questo conflitto si vedono oggi in mondo palese non solo in Calabria ma in tutta Italia.
Alla nuova generazione stava stretto il modo di intendere la ‘Ndrangheta e i suoi limitati interessi. Volevano di più, più potere e più soldi, soprattutto quelli che arrivavano in Calabria per le grandi opere. Volevano, quindi, discutere, confrontarsi e accordarsi con l’amministrazione. E questo, pertanto, significava cambiare le regole all’interno della ‘Ndrangheta stessa, significava opporsi ai “vecchi padrini” che non avevano intenzione di modificare nulla.
Non è un discorso ideologico, ma di altra natura. La conseguenza fu che i vecchi furono uccisi come avvenne proprio per due dei Capi storici della ‘Ndrangheta calabrese, ovvero “’Ntoni Macrì” e “Mico Tripodo”, per il quale si dovette, addirittura, ricorrere a un accordo con la Camorra. E questo fu un evento importante perché la Camorra uccise Tripodo per la ‘Ndrangheta e la ‘Ndrangheta, per riconoscenza, diede alla camorra le proprie regole e consentì la nascita della “Nuova Camorra Organizzata”.

I giovani vinsero per creare la “Santa”, la quale rappresenta una rivoluzione per la criminalità organizzata. La Santa, difatti, consentì agli ‘ndranghetisti di entrare in contatto con la Massoneria e di ottenere la doppia cittadinanza: quella nella ‘Ndrangheta e quella nella Massoneria, appunto. L’obiettivo che si posero i mafiosi era quello di utilizzare la Santa e la massoneria per entrare in contatto con il resto della società civile e con i quadri della pubblica amministrazione al fine di prendere parte al tavolo decisionale e all’amministrazione stessa della cosa pubblica: costruzione di strade e opere varie, aggiudicazione di appalti, contatti con la magistratura e con la polizia giudiziaria, ecc…
Questo perché - faccio una breve specificazione personale, mA è bene ricordarlo - le logge della massoneria sono “entità sociali” composte da imprenditori, medici, avvocati, politici, magistrati, forze dell'ordine deviate che “si riuniscono, discutono e decidono”… per tutti e… su tutti…
Oggi il Santista può essere riconosciuto per la presenza di una piccola Croce poste dietro la schiena.
A tutto ciò occorre, altresì, aggiungere che la ‘Ndrangheta non aderì allo stragismo di Cosa Nostra, adottando invece la filosofia dell’accordo con gli uomini delle istituzioni. E anche questo fu un punto di svolta determinante.
Nella ‘Ndrangheta, dunque, ci fu una rivoluzione delle regole, come la possibilità di avere rapporti con il mondo della politica. La ‘Ndrangheta, cosi, finisce coll’entrare direttamente in politica e coll’inserirci i suoi uomini.
Ma gli anni ’70 sono fondamentali anche perché la ‘Ndrangheta inizia a scontrarsi con la borghesia ricca alla quale decise di rubare o “estorcere” il denaro necessario al fine di poter finanziare le proprie attività, e per farlo si decise di ricorre ai sequestri di persona.
I passi successivi allo scontro con la borghesia saranno inevitabilmente, in primo luogo, l’occupazione dell’amministrazione e, in secondo luogo, la legalità. Proprio cosi: la legalità. Oggi i figli dei mafiosi sono medici, avvocati, imprenditori e al contempo “capi locale”.

“Capo locale”. Questa è una parola importante
. Occorre quindi capire cosa significa seguendo sempre il discorso fatto dal Dott. Gratteri. Il Capo locale è come un ricco manager che ha tanti soldi da parte e che diversifica la sua azione in diversi ambiti per amplificare i suoi guadagni. In tale contesto il problema fondamentale sta nel fatto che la ‘Ndrangheta deve anche giustificare la ricchezza. A ciò si aggiunga che, immancabilmente, la stessa deve essere presente sul territorio al fine di garantire il controllo dello stesso.
Proprio in questo contesto è possibile valutare l’importanza delle elezioni amministrative, in special modo nel tempo presente. È facile intuire che, in occasione, per esempio, delle elezioni comunali sia nei piccoli che nei grandi comuni, anche se in questi ultimi soprattutto quando gli esiti sono incerti, basta spostare 2.000 voti a destra o a sinistra per determinare l’esito finale. Il ruolo svolto in questa circostanza dal capo locale è importantissimo, in quanto può influenzare o determinare lo spostamento dei voti al candidato o alla coalizione che più lo favorisce o si avvicina ai suoi interessi. Difatti è difficile dimostrare che i voti di uno o più candidati poi eletti, per esempio, vengano dalla mafia, cosi come è difficile che un politico rifiuti i voti mafiosi e l’appoggio che dalla mafia può arrivare.

FINE PRIMA PARTE...
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